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FONTE: https://www.we-wealth.com/it/news/agora/la-voce-del-wealth/risparmi-italiani-europa-necessita-stato/

  • Noi non abbiamo lo spazio fiscale della Germania. L’unica strada che avremo sarà di fare investimenti
  • Per far crescere il paese serve una politica industriale, rilanciare gli investimenti pubblici e privati

Era prevedibile non farsi trovare preparati dalla pandemia, è successo in tutte le parti del mondo. Ma non sarebbe altrettanto comprensibile o giustificabile farsi trovare impreparati da queste due crisi

Il paese sta affrontando la cosiddetta fase due. Tra poco, speriamo inizierà la fase tre. Quella della ripresa economica e delle attività produttive.

Quella nella quale non si potrà più scherzare o affidarsi alla semplice gestione dell’emergenza.

La realtà è che potremo andare verso una crisi occupazionale con una parte delle aziende e delle attività imprenditoriali medio piccole che tarderanno a ripartire nel prossimo autunno e, se non torniamo a crescere come gli altri Paesi, a questa crisi si aggiungerà la crisi del nostro debito pubblico nel 2021.

Era prevedibile non farsi trovare preparati dalla pandemia, è successo in tutte le parti del mondo. Ma non sarebbe altrettanto comprensibile o giustificabile farsi trovare impreparati da queste due crisi.

Noi come sistema Italia siamo arrivati a questo shock molto più deboli di altri. Con un tessuto imprenditoriale fragile, sottodimensionato e sottocapitalizzato, che dovrà cambiare molto.

Doveva farlo anche prima, ma adesso occorrerà farlo in mesi, non in anni. Poi c’è la debolezza di una macchina pubblica lenta, pesante e burocratica. Dobbiamo fare un doppio salto mortale rispetto ad altri Paesi.

Inoltre noi non abbiamo lo spazio fiscale della Germania. L’unica strada che avremo sarà di fare investimenti.

O finiremo per prendere in faccia sia la crisi dell’autunno che quella successiva, quella del debito nel 2021.

Tra l’altro se nel futuro prossimo gli altri faranno un rimbalzo grande e noi un rimbalzino, rischia di saltare pure la sostenibilità del nostro debito pubblico. Che, a meno di non volerci prendere in giro, questo sarà destinato a salire ulteriormente.

Per far crescere il paese serve una politica industriale, rilanciare gli investimenti pubblici e privati.

Non certo dire alle imprese private quanti occupati dovranno avere, ma per metterle nelle condizioni di creare sviluppo.

In una parola serviranno soldi. E di conseguenza l’aumento del debito. Ma dal debito bisognerà rientrare anche perché non c’è certezza che nel 2021 ci sarà ancora questo Quantitative Easing perpetuo della Bce.

Tanto più se gli altri paesi tornano a crescere. Oggi è l’ora del debito buono, come dice Mario Draghi: ma anche il debito buono non è infinito.

Se la politica lo userà per ammortizzatori non mirati e non per investimenti produttivi, non ci sarà Bce che ci possa salvare. E nemmeno il Mes.

Serviranno soldi e tanti più soldi quanto questi saranno sperperati per un assistenzialismo emergenziale e non utilizzati in politiche tese allo sviluppo industriale.

Avremo bisogno anche di soldi che non incidano sul debito pubblico. Certo il provvedimento pensato da Francia e Germania per finanziare soprattutto l’Europa meridionale sarà uno strumento essenziale e bisognerà spenderlo bene ma basterà?

Il problema non è solo avere soldi dall’Europa a fondo perduto e farcene prestare altri, ma di continuare anche dopo ad avere linee di credito credibili.

Di poter continuare a collocare sul mercato titoli di stato che possano essere appetibili e che inducano gli investitori a continuare a comperarli.

Questo sarà impossibile se essi inizieranno a pensare che non saremo in grado di rendergli.  Se dovesse accadere noi avremo un problema di accesso al mercato, un problema a vendere i nostri debiti, a meno che non ci copri la Bce.

La brutta alternativa potrebbe essere che la politica inizi a pensare che i soldi debbano venire dal risparmio degli Italiani.

E di segnali in questo senso ce ne sono già stati. Dal razionale invito della cancelliera tedesca a che gli Italiani comincino ad utilizzare anche i loro soldi, alle prese di posizione di tutto lo schieramento politico che pensa in vario modo a mettere mano al risparmio privato.

Nel nostro futuro ci sarà una patrimoniale? Forse ma molto difficilmente questa andrà a colpire gli immobili.

Un prelievo forzoso dai conti correnti? Potrebbe essere. Un utilizzo delle giacenze sui conti per indirizzarle obbligatoriamente verso l’acquisto di titoli a lunghissima scadenza o, addirittura irredimibili? Non è da escludere. L’utilizzo per lo stesso fine anche di parte dei risparmi e degli investimenti su altri prodotti finanziari? Qualcuno è arrivato a ipotizzare anche questo.

Venendo al nostro “mestiere”. Quali sono gli strumenti che potremmo consigliare ai nostri clienti per mettersi al riparo e per mettere al riparo i loro soldi.

Sicuramente quelli classici. Polizze assicurative sulle quali sarà praticamente impossibile mettere le mani da parte di qualsivoglia governo.

Certo, si tratterà di porre sul campo strumenti nuovi e convenienti. Si tratterà di poter proporre alla clientela i prodotti assicurativi migliori nei quali i denari siano gestiti in modo efficiente e prudente.

Si tratterà di avere a disposizione le migliori proposte non solo di compagnie italiane ma di tutta Europa.

Anche per noi sarà il momento di cambiare. Di abbandonare l’obsoleto mondo del monomandato, della proposta unica per presentarci non solo competitivi ma efficienti ed efficaci nei confronti della clientela.

Anche noi dovremo dare il nostro contributo al cambiamento e all’ammodernamento del sistema produttivo, a cominciare dal saper rinnovare la nostra professione.

Anche perché, e permettermi di concludere con una nota amara, chi non lo farà rischia di dover chiudere la saracinesca.